#12A e Rivoluzione… a rallentatore

12ASi guarda intorno oggi e la realtà circostante le sembra un’interminabile scena a rallentatore.

Mai come oggi le sembrano tutti prigionieri. Prigionieri di loro stessi.

Tanti burattini inanimati.

Fermi al semaforo nelle loro macchine.

Seduti alla loro scrivania davanti un pc.

Per strada a passeggiare il loro cane a guinzaglio.

Se chiedesse loro dove stanno andando non le risponderebbero “A fare la RIVOLUZIONE!”. Sarebbe dura interrompere una routine, l’abitudine di continuare a guardare dritto davanti a sé senza  sentire il rumore del mondo che si sta sgretolando intorno. Certo.

Lo sentite questo frastuono?

“No! Devo scappare alla posta!”

E le urla? Lo sentito questo strazio?

“Non posso ora!”

Quando ci sono altri corpi che fanno scudo, che creano una barriera…quando quei corpi si mettono in prima fila a difendere i diritti di tutti: lavorare affinché la gente capisca e allora…lo senti questo silenzio? Questa indifferenza tiepida e insapore?

Dov’è che è atticchito quel germe malsano?  Oggi esiste una rete che collega il mondo intero, ma cosa abbiamo dimenticato? É la paura che rimane e nell’ordine delle cose il risultato resta invariato nel tempo: è una formula matematica.

Una compagnia di teatro girovaga, quella di Otello Sarzi, trasportava – in giro per l’Italia dell’epoca della Resistenza, -nel suo carrozzone ideali di libertà e di giustizia, gettava su una platea ancora incosciente e su fascisti ignoranti che poco ne coglievano il senso, parole come quelle recitate da Lucia Sarzi nella loro Tosca: “La mia vita prendetevela, che non abbia più l’orrore di vedervi. Sgherri infami di una più infame tirannia, sole vigliacco che le dai la tua luce”.

Il mito della rivoluzione è un rifugio per gli stolti.

Lo scontro tra reale e ideale, questa è la rivoluzione degli uomini imprevedibili, là dove il conflitto è un corpo a corpo tra cosa vorrei e come vorrei ottenerlo nella misura in cui la lotta è l’unico istinto possibile.

Si passa da uno stato di cose ad un altro attraverso uno scontro con la realtà. Ed è il corpo l’unico mezzo attraverso cui abbattere quella barriera tra realtà e ideale. E deve fare rumore, per chi non vuol vedere né sentire.

La vera rivoluzione sarà domani?

Forse sì…qualche miserabile ha tradito quella di ieri.

E quella di oggi? Ogni rivoluzione ha bisogno di bellezza.

 

La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza.

 

La bellezza del 12A è vedere quei corpi battersi.

Ancora una scena a rallentatore.

Abbracciarsi, proteggersi. Le pose rivoluzionarie di quei giovani a viso coperto sanciscono forme che sinuose temprano l’asfalto. Come il fuoco sulla benzina. Una lingua di fuoco.

Ancora a rallentatore.

Può esserci rivoluzione solo dove c’è una coscienza. Il 12A c’era una moltitudine di coscienze. Si muove forte e senza paura.

A rallentatore. Ancora.

C’è solo un fermo immagine. Il volto di Matteo.

Non ha il capo chino. Non è inanimato il suo sorriso. È  duro da scalfire, ha una coscienza dalla sua e quella di tutti gli altri che ancora lottano e non si scoraggiano di un potere forte che forte è solo per chi ha paura!

 

Ilaria


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