Madonne prese a calci

15 giugno 2013 alle ore 11.22

 

12517 Ottobre 2011….

Marta aspetta alla fermata la corriera, come ogni giorno la sua vita prende il ritmo della triste normalità. Stesse immutabili abitudini, stesse facce, stessi posti. Tutte le mattine si ripetono identiche nel pulire cessi e pavimenti per 450 euro al mese. Si spaccava la schiena per una miseria, sola e triste, costretta ad andare avanti per inerzia e per istinto di sopravvivenza dall’alto dei suoi 27 anni. Solo il sogno mai arreso di poter cambiare e stravolgere la vita le dava la forza per continuare. L’odio ed il desiderio di rivincita, rivalsa, vendetta,… chiamatela come volte…, verso le regole di una società malata e meschina, non gli permettevano di arrendersi ma gli imponevano di lottare ogni giorno resistendo al barbaro sfruttamento che subiva. Non voleva e non poteva ritornare dalla famiglia nel paesello, per firmare definitivamente la propria resa e la sua sconfitta. Quella era la sua vita e doveva combattere fino alla fine….

Gli piaceva leggere, l’appassionava la storia degli anni settanta, dall’autonomia operaia al lottarmatismo, era affascinata da quella tragica epopea generazionale invidiandone il dolore, la gioia, l’odio e l’amore che a lei era toccato annusare nei racconti e nelle suggestioni evocate da conoscenti, letterature e giornali.

Adorava i romanzi, il suo preferito era “Lo Straniero” di Camus, mentre nel cinema il film era “Il pane e le rose” di Ken Loach…Si rivedeva nel personaggio di Maya che guidava la rivolta dei “janitors” contro lo strapotere dei padroni delle imprese di pulizie. Chiudeva gli occhi e s’immaginava insieme a tutti i suoi colleghi in  un corteo che bloccava il traffico o in un’assemblea partecipatissima che dichiarava guerra al capitale….Marta era molto strana, si drogava per solitudine e noia ma lo sballo la divertiva più di ogni altra cosa, gli piaceva bere, masturbarsi guardando i porno e fumare come un caminetto..Negli ultimi tempi aveva preso anche il vizio di rigare i tanti macchinoni parcheggiati dai pezzi grossi nel cortile del palazzone in cui faceva le pulizie. Era una sorta di piccola rivincita, un piacevole dispetto che si concedeva alla fine del turno, un simbolico risarcimento che si prendeva verso il potere ed il lusso dei padroni che lei considerava la vera causa della sua amara esistenza. Aveva limpidamente chiaro  qual’era il campo degli amici e quale invece era quello dei nemici..All’uscita se ne andava passando vicino ad un bmw, un marcedes o un’altra macchina di lusso, tirava fuori dalla borsetta le chiavi di casa e quasi accidentalmente le trascinava per la fiancata dell’automobile più costosa. Nessuno avrebbe mai potuto accorgersi di lei, nessuno l’avrebbe mai notata, nessuno l’avrebbe mai considerata.

Marco studia filosofia, si è laureato preciso ed ora per mantenersi riuscendo a pagare le tasse della specializzazione è sempre meno studente e sempre di più un cocoprò aut-baund in uno squallido call center. Come ogni mattina è in ritardo e si precipita in strada sperando di non perdere l’ultimo pulman utile per evitare l’ennesimo cazziatone del suo capo. Guadagna 2 euro e mezzo all’ora, vendendo pacchetti telefonici-adsl palesemente sconvenienti. Il ritmo, il frastuono nelle cuffie, i vaffanculo dei clienti disturbati, il pressing psicologico dei team leader e la puzza di quel pollaio telematico di voci che parlano al vuoto, stavano progressivamente risucchiando la sua vita in un vortice depressivo. Appena iniziata questa triste avventura si era ripromesso di scrivere un saggio, un romanzo, qualcosa, su quel girone dantesco che era costretto a vivere per pagarsi l’affitto di un tugurio vicino l’università. Ma difficilmente troverà la forza e l’energia per farlo. Alcuni luoghi, alcuni lavori, risucchiano l’anima, svuotano…

 Marco ha partecipato al movimento studentesco dall’onda fino ai suoi derivati, ma non è mai stato un militante assiduo. Più che altro compariva nei momenti  importanti, per una contestazione, un corteo, un presidio, un’iniziativa, era un attivista occasionale fuori sede. Prima del 15 ottobre i veri scontri di piazza li aveva visti soltanto in televisione. Quella mattina però era diverso, non era come al solito triste e taciturno, nei suoi occhi c’era una luce viva, accesa. Sabato era stato al corteo di Roma, quello degli indignados, dei blac bloc e delle madonne prese a calci. Si sentiva ancora tutta l’adrenalina addosso, i suoi pensieri erano totalmente immersi nella ricostruzione dei fotogrammi  di quella memorabile giornata. Era un film le cui immagini venivano montate in maniera frenetica dalla sua mente  rimasta ancora in quelle strade, in quei boati, in quella piazza, in quelle urla. Era stato il suo battesimo di fuoco con la storia che doveva raccontare, doveva fare esplodere e non poteva più aspettare, doveva dire tutto al primo volto conosciuto che non c’era stato.

Marta e Marco si conoscono da un bel pò di tempo. Conoscenze comuni , strane triangolazioni della vita e di una piccola città di provincia che si restringe ogni giorno intorno a loro fino a risucchiarli, fagocitarli, masticarli e sputarli nell’abitudine dei luoghi comuni. Circostanze volute dalla forza suprema e potente del caso che governa il mondo.

Marco la vide da lontano, sempre sulla stessa mattonella del marciapiede come ogni mattina  incazzata con l’immancabile sigaretta in bocca. Gli si affiancò, lei lo guardò come a dire che cazzo vuoi, ma gli venne solo un ciao silenzioso ed indifferente. Lui rispose rilanciando -scusa non è che avresti una sigaretta da offrirmi – Marta sorpresa, spiazzata ed infastidita non riuscì a dire di no, sbruffò porgendogli nervosamente la busta di tabacco con i filtri e le cartine…Lui voleva assolutamente trovare il modo di potergli raccontare tutto, cercava disperatamente un pretesto per attaccare bottone. Disse: – che cosa hai fatto in questo fine settimana??- Lei rispose:-niente- …fu lo start, il segnale, il via che aspettava per far partire come un fiume in piena il suo racconto. Senza alcuna esitazione iniziò a parlare.-Io sono stato a Roma per la manifestazione- Intanto i due salirono sul pulman, si sedettero insieme e Marta non poté fare altro che subire passiva quello tsunami di parole che sgorgava dalla bocca del suo compagno di viaggio. Era bravo nel raccontare i fatti accaduti, li romanzava ma non mentiva mai, li rendeva solo più belli perchè fondamentalmente gli piaceva sublimarli, mitizzarli…

“- C’erano tutti dal sacrestano al profano, l’indignato, l’indagato, l’incazzato, l’incappucciato, l’associato ed  il dissociato; la bandiera colorata, quella rossa e quella nera; la mamma, la figlia, il padre e l’amante. La puttana, la suora, il passante e l’ultrà…Non era una giornata qualunque e lo si capiva bene già dall’imponenza dei pulman parcheggiati o dalla metropolitana stracolma di gente dei comitati campani contro le discariche che ballava, cantava ed urlava rabbia non indignazione….Non era uno scherzo, una passeggiata semplice, colorata ed inutile. Tutti lo sapevano e tutti lo tacevano facendo finta di non pensarci, liquidando la questione con una battuta di circostanza.  Ma in ogni passo c’era la consapevolezza  che quel giorno sarebbe potuto succedere qualsiasi cosa…Le borse crollano e le piazze si riempiono dopo mesi  di rivolte ed insurrezioni in nord Africa per quella primavera araba che aveva scaldato gli occupy di tutto il mondo. Il capitalismo ormai alla frutta, la finanza che divora tutto e la politica incapace e meschina al suo servizio, mentre faccendieri ed imprenditori predatori strisciano sotto il tavolo per leccare gli avanzi del banchetto…Fuori dalla porta del salotto, al freddo ed al gelo della precarietà, muore una generazione tradita, fottuta ed imbarbarita….Non è un fulmine a ciel sereno, non è come una  cometa  che lascia soltanto una breve scia luminosa, non è che una tempesta che ha tuonato anche il 14 dicembre del 2010,  nel filo conduttore di quelle porche madonne urlate  assieme ai tanti sampietrini scagliati…Solo che il 15 ottobre si respirava l’odore del tumulto, del tuono potente che precede l’uragano squarciando il cielo. Un vento caldo di rivolta tanto dolce quanto violento al punto che questa volta le madonne non  sono state solo bestemmiate ma  prese a calci, frantumate, stuprate e calpestate…Pronti via, parte un’esproprio, si incendiano le automobili in sosta e tutti gli ingenui benpensanti a chiedersi chi siano quei loschi figuri travestiti, quegli uomini e quelle donne nere e cattive che se ne strafottono di regole ed accordi, di cortei e comizi, di indignati e madonne…Da dove sono venuti fuori, da quale tombino dimenticato aperto nella fogna della storia italiana sono risaliti???…Eppure eccoli che corrono a destra ed a sinistra, sbucano da ogni lato, danno fuoco ad una macchina e scappano mentre un’altro gruppetto rompe una vetrina. Spariscono e poi ritornano, sono sfuggenti ed inafferrabili, sono nel mezzo del corteo una macchia nera ben visibile e compatta che avanza tra gli insulti della folla e dello spezzone dietro che se li vede sbucare all’improvviso davanti…Non sono alieni, non sono morti, non sono strani, sono vivi, esistono, sono reali e più trascorrono i minuti e più si moltiplicano. Aumenta l’intensità della violenza ed aumenta il loro numero come tante formiche ribelli ed operose nello smembrare una qualche carcassa di carogna. Negli attimi che sfuggono agli obbiettivi di fotografi, giornalisti  e videoamatori,  s’intravvedono dietro i caschi, le kefie ed i passamontagna i visi giovani e precari, i volti disperati ed esasperati dalla crisi nera come i loro vestiti.  Sono ragazze, sono studenti, sono disoccupati c’è poco da fare sono come noi, sono come tutto il resto del corteo…Non sono  l’uno per cento esistono e sono il novantanove che si ribella contro l’insignificante minoranza che opprime e tormenta i corpi, le menti e le vite dei popoli….La rabbia precaria prende forma e sostanza, diventa carne che sfida il potere muovendosi agile e fluida nella metropoli che sembra disegnata perfettamente per quella guerriglia romantica e mitopoietica…Non sono maggioranza e non lo saranno mai, ma sono pienamente maggioritari manifestando nei loro corpi l’ingovernabilità  furiosa dei dannati.”

 -Il tempo sembrava essersi fermato e la voce di Marco aveva assunto un tono quasi solenne, in quel silenzio rumoroso che ipnotizzava Marta ormai totalmente rapita da un’improvvisa e misteriosa magia. Lui intanto proseguiva senza interruzioni e nessuna cosa al mondo avrebbe potuto fermarlo.-

“E poi la storia, la ragione di quello che sembrava più giusto fare, di quello che forse era intelligente e strategico costruire insieme; la macchina di uno a caso che brucia, un corteo spaccato e scomposto da risse, liti, divisioni, la distruzione diffusa  delle cose , solo il fumo che sale in aria, i boati dei petardi che esplodono, le fiamme…Ma la rabbia non fa troppi calcoli, la rabbia si esprime e non è contenibile in pacchetti preconfezionati. La rabbia esplode e c’è chi lo fa così anche e solo per ideologie politiche vecchie ma evidentemente resistenti alla storia degli eventi, solide come i sampietrini e potenti come lo scoppio di una bomba carta….Un nuovo proletariato che avanza feroce e sapiente prende coscienza, comincia ad inventare un inedito presente passo dopo passo, parola dopo parola.  Perchè la storia non rimanga un fiore da far morire nelle pagine ingiallite dei libri, ma diventi richiamo potente per i nuovi barbari che stanno per arrivare muniti di smartphone ed asce da combattimento. Attirati dall’odore del sangue e del vino che richiama la bestia affamata nascosta nel bosco segreto….Qualcuno la sogna così questa guerra. E’ il tempo della rivolta che scandisce il battito dei cuori ribelli -.”…

-Il racconto proseguì nella descrizione delle emozioni, dei volti e degli episodi, in una miriade di fatti e di circostanze che Marco raccontò minuziosamente nel dettaglio per rendere al meglio l’idea di quello che fu davvero. Sembrava quasi un’arringa contro il processo mediatico che il terrorismo del potere aveva fatto immediatamente dopo quei fatti, criminalizzando come al solito un fatto sociale e collettivo per renderlo un rimosso storico, per cancellarlo al più presto attraverso i processi, le minacce di leggi speciali, gli arresti e la paura..-

“C’era una ragazza in mezzo a quell’inferno fatto di boati a lacrimogeni, urla e pietre che volavano. Stava in un angolo e gridava -malloks, limoni!!- sembrava una crocerossina dietro una trincea, era piena di umanità quell’immagine commovente. Non ricordo il suo volto ma di sicuro in quegli istanti mi è apparsa bellissima. Poi un’esplosione seguita da un’esultanza collettiva, da lontano si vedevano le fiamme che divampavano in una camionetta, qualcuno gli aveva dato fuoco”…

L’incantesimo proseguì così nelle narrazione di ogni episodio che passava per la mente di Marco, era come se fosse posseduto da una forza oscura e sovrumana.

Marta fu progressivamente avvolta da quelle parole, dimenticò la cognizione del tempo e dello spazio, si dimenticò di scendere alla sua fermata, dimenticò dove si trovava, dimenticò anche il suo nome..Era totalmente travolta da quel fiume in piena che aveva preso possesso anche del corpo e della voce di Marco…Fu un diluvio di emozioni, tanto che  a Marta sembrò di esserci stata anche lei quel giorno a Roma. Ne condivideva la rabbia, la furia, la passione, ne percepiva addirittura gli odori …Anche Marco non scese quando il pulman arrivò davanti al call center. Quel racconto aveva creato un’atmosfera intima tra gli sguardi complici che i due giovani iniziavano a scambiarsi, erano saette di passione ormai. L’inferno privato della loro quotidianità per un giorno era stato sconfitto da quell’incontro imprevisto. Il viso di lei si addolcì diventando bellissimo, lo sguardo di lui divenne radioso e solare forse come non lo era mai stato.  Diventarono stupendi…Tutti e due decisero, senza dirselo, di non andare al lavoro e di passare la giornata insieme.

Parlarono di tutto, si raccontarono la vita a vicenda, interrotti soltanto da dei bellissimi silenzi imbarazzati. Lei gli parlò della sua famiglia, dei suoi guai e dei suoi  vizi, gli disse della sua abilità nel rigare le fiancate delle macchine di lusso. Marco divertito ed ormai innamorato gli raccontò dei suoi viaggi e dei suoi sogni, dei suoi mostri e delle sue strampalate teorie. Gli disse che ultimamente era interessato a capire se si poteva in qualche modo quantificare la mole di bugie e falsità che riesce a produrre la sala di un call center in un solo minuto …Discussero di musica, politica, letteratura, si presero in giro, giocarono e risero parecchio. Arrivarono così al capolinea, scesero e Marta incontrò un suo vecchio amico che stava distribuendo dei volantini per un’assemblea in un centro sociale…Si salutarono e lei restò a leggere quel foglio di carta, mentre Marco aveva appena scoperto un giardinetto perfetto in cui fumarsi una canna. Erano felici come  mai lo erano stati prima di quei momenti. Iniziarono ad abbracciarsi ed a coccolarsi sotto il sole di mezzogiorno fumando quello spinello lentamente e dolcemente con un tiro a  testa. Passarono ore così. Girovagarono per la città senza alcun pensiero che non fosse il piacere e la serenità dell’altro. Andarono in un bar e presero qualche birra. Poi si recarono all’assemblea  con il cuore gonfio di gioia. Verso l’ora di cena decisero di andare in un discount per prendere  da bere. Comprarono una bottiglia di vino e due le rubarono, la cassiera se ne accorse ma quella strana  coppia così felice gli stette  talmente simpatica che fu costretta a fare finta di nulla. Per un’alchimia di solidarietà di classe tra disperati che naufragano nella tempesta di questi tempi bui, li ammirava e li comprendeva pienamente, si sentiva dalla loro parte e non poteva in alcun modo tradire quel’istintivo patto tra simili. Ci fu solo uno sguardo d’intesa con la gentile complice. La salutarono cordialmente  ed andarono a casa di Marco. Cucinarono un piatto di pasta, si ubriacarono e poi fecero finalmente l’amore…

 

Eric Cantona…

Eric Cantona...

Eric Cantona...


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